Una parete, il sole, uno spettatore e il calcolo trigonometrico.
I risultati del lavoro di Fabrizio Corneli vengono dalla combinazione approssimata di
questi ingredienti e da una lunga ricerca empirica per prova ed errore.
“Sono arrivato all’arte partendo dalla matematica”, racconta, “la mia più
grande passione fin da ragazzo”. È il 1978 quando, appena vent’enne,
l’artista toscano realizza Orizzonte, sequenza fotografica ripetuta in due
serie della linea sottile che separa il mare dal cielo. Nella prima ogni
scatto mostra un’inquadratura diversa del soggetto; nella seconda le
medesime stampe sono allineate in modo da diventare una sola immagine,
percorsa e unita dalla netta riga dell’orizzonte. In quest’opera prende
forma il carattere di un progetto che Corneli svilupperà nei successivi
trent’anni. Lo interessa l’universo dei segni, scoperto durante gli studi di
semiologia all’università di Bologna: quale partita si gioca tra l’opera
dell’artista e la percezione dello spettatore?
All’inizio degli anni Ottanta Corneli affronta il tema dell’ombra. “Lo
studio delle ombre all’accademia aveva smosso qualcosa che non smettevo mai
di coltivare”, spiega, “e anche girellando per Firenze non facevo che
comparare i mutamenti delle ombre e il loro incidere sui cambiamenti di
prospettiva. Deve venir da lì l’intuizione di usare elementi primari per le
mie installazioni”. In opere come Doppia ombra o Meridiana l’artista
fiorentino si pone il problema se quello che vediamo corrisponda al vero o
ne sia solo un pallido residuo, come quando percepiamo la luce di stelle già
scomparse da anni. Questo tira in ballo la categoria del tempo, scandito
nelle tre dimensioni del passato-presente-futuro. Seguendo in filigrana
Platone, decide di utilizzare il mondo delle idee matematiche per
ricostruire un frammento della realtà. Con Augenblick, un’installazione
solare del 1997 creata per il Kölner Stadt-Anzeiger di Colonia, Corneli
mette a punto la sua ricerca sul tempo. Lì, abbandonata la stampa
fotografica, si serve di un muro bianco non interrotto da porte e finestre
come di uno schermo gigantesco dove produrre l’immagine. C’è un istante in
cui sulla superficie verticale si disegna un volto di donna, rivolto al
sole, che sembra fissare proprio il raggio che le dà forma. L’immagine dura
una mezz’ora, prima e dopo sul muro si vedono solo baffi d’ombre sconnesse.
Anche l’installazione solare inaugurata a giugno a Bruxelles sfrutta lo
stesso principio. Sulla parete sud-ovest di un edificio d’angolo fra rue
d’Aumale e rue du Devoir, nel quartiere di Anderlecht, a una certa ora del
giorno compare una figura volante che presto svanisce; per tornare la sera
quando un’alogena sostituirà il sole nella produzione del fantasma.
Quest’opera permanente, che come una meridiana anomala si sviluppa su 225
metri quadrati di parete, è solo la più recente di una serie. “Le meridiane
mi hanno sempre affascinato”, dice, “ne ho ideata una che allo scoccare del
mezzogiorno astronomico disegna su una parete in lettere arabe la scritta È
l’ora della preghiera. Orologio solare senza quadrante, vive ogni giorno un
solo momento, quello in cui una figura si addensa dal nulla.
Corneli è un matematico impertinente che applica all’arte la geometria
euclidea. Partendo da insospettabili misurazioni trigonometriche intaglia
lamine di alluminio o di rame delle dimensioni opportune al risultato
finale. L’intersezione delle lastre e di una fonte luminosa, il sole o la
lampada alogena, produrrà il segno. Le immagini, per esempio un volto di
donna, un corpo in movimento o una scritta, che compaiono all’improvviso e
sembrerebbe dal nulla sono eventi guidati da una raffinata previsione. La
messa a fuoco dell’oggetto pone lo spettatore a metà strada fra la materia e
l’idea che se ne ha. Si tratta solo di una suggestione impalpabile suggerita
dall’artista? Sulla porta della sua Accademia Platone fece scrivere “Vietato
l’ingresso a chi non pratica la geometria”. Secoli dopo Leibnitz, inventore
del calcolo infinitesimale, descrisse l’universo come un’organizzazione di
monadi e cent’anni dopo Kant disse che noi vediamo l’esistente attraverso
lenti colorate, gli apriori della conoscenza, una delle quali è la
geometria. I fantasmi di Corneli crescono da una geometrizzazione del mondo,
in un triangolo visivo che ha ai vertici il sole, l’artista e il nostro
sguardo. C’è di che far contenti i tre filosofi.
Anna Caterina Bellati da “Arte” n.395