Fabrizio Corneli

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by 2009, Caterina Bellati

Una parete, il sole, uno spettatore e il calcolo trigonometrico.

I risultati del lavoro di Fabrizio Corneli vengono dalla combinazione approssimata di

questi ingredienti e da una lunga ricerca empirica per prova ed errore.

“Sono arrivato all’arte partendo dalla matematica”, racconta, “la mia più

grande passione fin da ragazzo”. È il 1978 quando, appena vent’enne,

l’artista toscano realizza Orizzonte, sequenza fotografica ripetuta in due

serie della linea sottile che separa il mare dal cielo. Nella prima ogni

scatto mostra un’inquadratura diversa del soggetto; nella seconda le

medesime stampe sono allineate in modo da diventare una sola immagine,

percorsa e unita dalla netta riga dell’orizzonte. In quest’opera prende

forma il carattere di un progetto che Corneli svilupperà nei successivi

trent’anni. Lo interessa l’universo dei segni, scoperto durante gli studi di

semiologia all’università di Bologna: quale partita si gioca tra l’opera

dell’artista e la percezione dello spettatore?

All’inizio degli anni Ottanta Corneli affronta il tema dell’ombra. “Lo

studio delle ombre all’accademia aveva smosso qualcosa che non smettevo mai

di coltivare”, spiega, “e anche girellando per Firenze non facevo che

comparare i mutamenti delle ombre e il loro incidere sui cambiamenti di

prospettiva. Deve venir da lì l’intuizione di usare elementi primari per le

mie installazioni”. In opere come Doppia ombra o Meridiana l’artista

fiorentino si pone il problema se quello che vediamo corrisponda al vero o

ne sia solo un pallido residuo, come quando percepiamo la luce di stelle già

scomparse da anni. Questo tira in ballo la categoria del tempo, scandito

nelle tre dimensioni del passato-presente-futuro. Seguendo in filigrana

Platone, decide di utilizzare il mondo delle idee matematiche per

ricostruire un frammento della realtà. Con Augenblick, un’installazione

solare del 1997 creata per il Kölner Stadt-Anzeiger di Colonia, Corneli

mette a punto la sua ricerca sul tempo. Lì, abbandonata la stampa

fotografica, si serve di un muro bianco non interrotto da porte e finestre

come di uno schermo gigantesco dove produrre l’immagine. C’è un istante in

cui sulla superficie verticale si disegna un volto di donna, rivolto al

sole, che sembra fissare proprio il raggio che le dà forma. L’immagine dura

una mezz’ora, prima e dopo sul muro si vedono solo baffi d’ombre sconnesse.

Anche l’installazione solare   inaugurata a giugno a Bruxelles sfrutta lo

stesso  principio. Sulla parete sud-ovest di un edificio d’angolo fra rue

d’Aumale e rue du Devoir, nel quartiere di Anderlecht, a una certa ora del

giorno compare una figura volante che presto svanisce; per tornare la sera

quando un’alogena sostituirà il sole nella produzione del fantasma.

Quest’opera permanente, che come una meridiana anomala si sviluppa su 225

metri quadrati di parete, è solo la più recente di una serie. “Le meridiane

mi hanno sempre affascinato”, dice, “ne ho ideata una che allo scoccare del

mezzogiorno astronomico disegna su una parete in lettere arabe la scritta È

l’ora della preghiera. Orologio solare senza quadrante, vive ogni giorno un

solo momento, quello in cui una figura si addensa dal nulla.

Corneli è un matematico impertinente che applica all’arte la geometria

euclidea. Partendo da insospettabili misurazioni trigonometriche intaglia

lamine di alluminio o di rame delle dimensioni opportune al risultato

finale. L’intersezione delle lastre e di una fonte luminosa, il sole o la

lampada alogena, produrrà il segno. Le immagini, per esempio un volto di

donna, un corpo in movimento o una scritta, che compaiono all’improvviso e

sembrerebbe dal nulla sono eventi guidati da una raffinata previsione. La

messa a fuoco dell’oggetto pone lo spettatore a metà strada fra la materia e

l’idea che se ne ha. Si tratta solo di una suggestione impalpabile suggerita

dall’artista? Sulla porta della sua Accademia Platone fece scrivere “Vietato

l’ingresso a chi non pratica la geometria”. Secoli dopo Leibnitz, inventore

del calcolo infinitesimale, descrisse l’universo come un’organizzazione di

monadi e cent’anni dopo Kant disse che noi vediamo l’esistente attraverso

lenti colorate, gli apriori della conoscenza, una delle quali è la

geometria. I fantasmi di Corneli crescono da una geometrizzazione del mondo,

in un triangolo visivo che ha ai vertici il sole, l’artista e il nostro

sguardo. C’è di che far contenti i tre filosofi.

Anna Caterina Bellati da “Arte” n.395

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